In questa terra divina dove la nobiltà insieme poi alla tecnica ha plasmato  i cosiddetti Supertuscan, i Bordeaux d’Italia, passando sulla strada provinciale Bolgherese si vedono  alternarsi i grandi nomi come Tenuta San Guido, Ornellaia, Guado al Tasso.

Tra questi pilastri, pionieri nella terra tutta da scoprire c’é anche la tenuta Le Macchiole, azienda storica fondata da Eugenio Pampolmi nei primi anni Ottanta, un toscano della zona che a circa vent’anni acquista i primi ettari di terreno e inizia con la moglie Cinzia la sua avventura vinicola che ancora oggi detiene fama internazionale.

I vitigni timoni dell’azienda sono Cabernet Franc, Merlot e Syraz oltreché Cabernet Sauvignon, Chardonnay e Sauvignon Blanc. I primi vini sono soprattutto degli assemblaggi, ma pian piano ci si dirige sul monovarietale come il Messorio (Merlot in purezza) o lo Scrio (100% Syrah). Ma sopra tutti e sopra ogni etichetta il vero cavallo di battaglia é il Paleo: solo e soltanto Cabernet Franc.
E’ essenzialmente per lui, per il Paleo, che mi dirigo a prenotare una visita alle Macchiole: visita molto interessante che parte dalla vigna, proprio davanti ai filari di Cabernet Franc la cui uva é raccolta manualmente e la cui cernita é anch’essa in gran parte manuale: si intuisce quindi la massima cura e attenzione che vengono impiegati intorno a questo uvaggio già dalle primissime operazioni di vendemmia. Il Cabernet Franc subisce poi una fermentazione di 15-20 giorni e un affinamento in barriques (70% nuove e 30% di secondo passaggio) di 18 mesi.

La barricaia é perfettamente tenuta a temperatura e umidità controllata con tanto di nebulizzatori che si attivano automaticamente in caso di calo di umidità.

E si sale alla tanto attesa sala di degustazione (ambiente molto luminoso e architettonicamente molto piacevole).

Degustiamo dapprima il Bolgheri Rosso 2017, mélange di Merlot 40%, Cabernet Franc 30%, Cabernet Sauvignon 15% e Syrah 15%: vino molto piacevole, di media struttura, ben bilanciato anche se ancora un po’ troppo tannico. E finalmente il Paleo Rosso: questa etichetta nasce inizialmente come blend a base di cabernet sauvignon negli anni novanta che pero’ lascia spazio a un esclusivo cabernet franc a partire dall’annata 2001. Degusto il 2013: é veramente incredibile e sorprendente il profumo: la nota fruttata é molto suadente, elegante, direi molto femminile, c’è anche del balsamico e per la prima volta devo ammettere (io che di base odio il legno) che tutte le note terziarie della quercia non solo non esasperano o ancora peggio sovrastano il bouquet, ma addirittura lo esaltano, lo rinvigoriscono, lo rendono morbido e rotondo. E tutto é confermato in bocca: gusto molto persistente con quel giusto tenore di freschezza e sapidità. Danno un potenziale di invecchiamento di 25 anni, ma tutto sommato anche dopo solo 6 anni sa già il fatto suo. Ovviamente questa produzione meticolosa di circa 25mila bottiglie (sulle 190mila totali di produzione annuale) si fa pagare (siamo sul centinaio di euro): in fondo é un’opera d’arte unica e irripetibile.
Se proprio devo dirla tutta, c’è un piccolo particolare che stona: é l’etichetta, il suo colore, la sua “texture” che personalmente non trasmettono quel tocco di eleganza e sublimità degne del contenuto.

Torno a casa con un pezzo d’oro da aggiungere alla mia cantina con l’intenzione di aprirlo tra almeno 5 anni e scoprire come si evolverà questo incanto.