Era tempo che volevo visitare la cantina Ettore Germano, attirata dalla piu’ viva curiosità di provare il loro Riesling, il celebre Hérzu, vitigno che reputo tra i piu’ affascinanti e eleganti finora degustati e in assoluto tra i miei preferiti.
Sì perché Sergio Germano, figlio di Ettore, é stato uno tra i pochi pionieri delle Langhe, terre che di fatto sono associate prettamente ai superbi Barolo, che venticinque anni fa ha scommesso nell’impiantare questo vitigno tedesco nelle colline langarole di Ciglié, a una trentina chilometri dalla collina Cerretta di Serralunga d’Alba dove si trova l’azienda.
Ma andiamo con ordine.
La nostra visita inizia, con un po’ di sorpresa, dalla degustazione. In effetti degustare la serie dei loro vini introdotti e accompagnati da una perfetta e esauriente illustrazione di tutto quello che c’é a monte, é un ottimo incipit.
Ettore Germano é una azienda che dal 1856 a oggi ha visto un susseguirsi di quattro generazioni e con esse una espansione, una evoluzione e – come detto – una buona dose di innovazione e coraggio che hanno portato l’azienda a essere riconosciuta tra le grandi firme piemontesi dei vini delle Langhe. I vini bianchi e gli spumanti a base Chardonnay, Pinot Noir, Riesling e Nascetta vengono prodotti principalmente nella zona Alta Langa di Ciglié; i vini rossi come Barbera, Nebbiolo e Barolo provengono proprio dai vigneti di Serralunga d’Alba che si possono amirare dalla loro terrazza.
La degustazione (sulla quale mi dilunghero’ in modo approfondito a tempo debito) inizia con Rosanna (dedicato alla moglie di Ettore), un metodo classico extra brut rosé prodotto da uve Nebbiolo: per me é la prima volta e rimango felicemente sorpresa dalla sua nota di frutti rossi e, a dispetto dal suo bassissimo tenore zuccherino, dal suo retrogusto quasi abboccato.
Poi passiamo al Nascetta, vitigno a bacca bianca autoctono che tra il suo iter in cantina prevede un passaggio di 6 mesi in anfora: anche questa é per me una prima volta, anche questa una piacevole sorpresa.
E quindi arriviamo a lui, il tanto atteso Riesling Hérzu: benché Giulia, guida attenta e preparatissima, ci suggerisca che il tempo migliorerà il suo bouquet ed esalterà le sue note di idrocarburo (appena percettibili), io rimango ammaliata dalla sua perfetta sintonia costruita da aromaticità e mineralità: niente é fuori posto, é semplicemnte equilibrio puro.
Concludiamo la serie con gli immancabili re del territorio: degustiamo in parallelo il Barolo Cerretta e il Barolo Prapò. Sono come due cugini, nelle loro vigne scorre il Nebbiolo, ma la loro esposizione nonché composizione del terreno differenti (una più calcarea, l’altra più sabbiosa) li distinguono totalmente. Il Barolo Cerretta é molto più strutturato e carico in tannini con note principalmente di frutta matura e sentori di cuoio, il Barolo Prapò ha invece una nota fruttata di ciliegia, lamponi, con tannini più morbidi. Entrambi del 2016, entrambi da apprezzare tra qualche anno.
Un’attenta cura dei 21 ettari di vigne all’insegna del biologico, la vendemmia fatta rigorosamente a mano e uno zelo in tutte le operazioni in cantina non possono che dare i loro frutti nelle loro annuali 150mila bottiglie.
E aggiungo il tocco estetico delle nuove etichette disegnate da Elena, la moglie di Sergio, che trovo semplicemente autentiche e piene di passione.
Peccato che la giornata sia uggiosa e che il panorama dalla terrazza sia imbrattato dalla foschia: in fondo siamo a ottobre, però i colori autunnali sono uno spettacolo! Proprio come la visita appena conclusa: uno spettacolo.